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Il custode nelle procedure esecutive immobiliari. La Cassazione su natura e funzioni e sull'impugnazione del compenso

Lunedì 07/11/2016

a cura di Studio Legale Mancusi
Il custode nominato nelle procedure esecutive immobiliari è un ausiliario del giudice dell'esecuzione e avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso  (che non sia il debitore medesimo) va proposta l'impugnazione prevista dall'art. 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (e succ. mod. e integr.) entro il termine perentorio di trenta giorni.



E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con sentenza del 25 ottobre 2016, n. 21475, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato con rinvio quanto già deciso dal Tribunale di Como.

La vicenda
La pronuncia traeva origine dal FATTO che la SOCIETA' srl, quale creditrice procedente, chiese alla Corte, con ricorso strutturato su tre motivi, la cassazione dell'ordinanza con cui il Tribunale di Como aveva definito la controversia ai sensi dell'art. 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, avverso la liquidazione del compenso al custode, dott.ssa BETA, nominato nella procedura esecutiva immobiliare da essa intentata ai danni di GAMMA ed iscritta sul ruolo di quel tribunale.

Senza che alcuna delle intimate avesse svolto attività difensiva, la Corte peraltro rimise, con ordinanza n. 6652 del giorno 1.4.15, alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 34, comma diciassettesimo, e 15, comma secondo, del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, per contrasto con l'art. 76 Cost. ed in relazione ai commi primo e quarto dell'art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, ovvero per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 co. 7 Cost., nella parte in cui ne discendeva non essere più previsto che il ricorso disciplinato dall'art. 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, fosse proposto entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione.

La Corte costituzionale, con sentenza 12 maggio 2016, n. 106, ha poi dichiarato non fondata la detta questione ed il ricorso è stato così nuovamente chiamato per la discussione alla pubblica udienza del 6.10.16, per la quale la sola ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.

Va rimarcato che il Tribunale di Como ebbe dapprima ad ipotizzare che le previsioni dell'art. 170 d.P.R. 115/02 si applicassero soltanto alle liquidazioni in favore del custode in caso di sequestro penale probatorio e preventivo e, in materia civile, di sequestro conservativo e giudiziario, tanto da prospettare per la liquidazione del compenso al custode nominato nell'espropriazione immobiliare quale unico e solo rimedio quello dell'opposizione agli atti esecutivi.

La ricorrente ha proposto ricorso sviluppando tre motivi.

Col primo motivo (rubricato "ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione dell'art. 170 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115") lamenta l'erroneità della declaratoria di tardività, invocando la carenza di termini perentori per la proposizione dell'opposizione, in dipendenza della sostituzione della disposizione ad opera dell'art. 34, comma 17, d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, applicabile con decorrenza dal 6.10.11;

Col secondo motivo (rubricato "ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 per violazione o falsa applicazione degli artt. 168, 2 comma e 170, 1 comma, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115") deduce l'erroneità dell'individuazione della decorrenza del termine, ove ritenuto tuttora previsto, da tempo anteriore alla formale comunicazione ad opera della cancelleria, nella specie mai avutasi;

Col terzo motivo (rubricato "ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti") si duole della mancata applicazione alla fattispecie del d.m. 15.5.09, n. 80, emanato ai sensi dell'art. 21 della legge 24 febbraio 2006, n. 52, in base alla quale il compenso non avrebbe potuto essere liquidato in misura superiore ad C 4.746,94, disattendendo la diversa tabella applicata nel tribunale di Como dal 2003 (per intero trasfusa nel ricorso), oltretutto malamente applicata in concreto: né rilevando il rigetto dell'istanza di riduzione del compenso, o la transazione intercorsa con il custode nel frattempo.

La decisione
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, mediante la citata sentenza n. 21475/2016 ha ritenuto fondati i motivi ed ha accolto il ricorso.

Sostiene in primis la suprema Corte (a definitiva conferma di quanto già argomentato da Corte di Cassazione, ordinanza 1 aprile 2015, n. 6652) che anche il provvedimento di liquidazione del compenso al custode dell'espropriazione immobiliare è soggetto alla disciplina dell'art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in base agli argomenti già sviluppati da Corte di Cassazione 29 gennaio 2007, n. 1887, per altro ausiliario del giudice (e, pure in tal caso, del giudice dell'espropriazione immobiliare).

In sostanza, ritiene la Cassazione, che:


il custode nominato ai sensi dei commi secondo e seguenti dell'art. 559 cod. proc. civ. nel corso di un'espropriazione immobiliare rientra nell'indicata nozione di ausiliario del magistrato: infatti, egli ne presenta il tratto di contribuire con la propria attività ad individuare il contenuto degli atti che debbono essere compiuti nel processo dall'ufficio giudiziario ed anzi ne agevola indiscutibilmente la progressione con attività materiali sue proprie, complementari ma al contempo indispensabili e non concretamente suscettibili di essere compiute dal giudice o dal cancelliere.


In definitiva il custode, occupandosi della proficua gestione del bene staggito al fine della migliore sua collocazione sul mercato, orienta utilmente la stessa prosecuzione del processo esecutivo verso il fine di ogni espropriazione, ormai codificato [dall'art. 164-bis disp. att. cod. proc. civ., introdotto dall'art. 19, co. 2, lett. b), del d.l. n. 132/14, conv. con mod. in I. 162/14 e di immediata applicazione, non applicandosi la disciplina transitoria di cui all'art. 19, co. 6-bis, del d.l. n. 132/14] nel perseguimento del soddisfacimento delle ragioni del creditore nel modo più economico possibile; ed in quanto tale assume le vesti di ausiliario del giudice dell'esecuzione, indispensabile in ragione della natura dei compiti da svolgere e dell'attività materiale da porre in essere.

Fatta tale ricostruzione, ne deriva che avverso i provvedimenti di liquidazione del compenso al custode (che non sia il debitore medesimo) nominato nell'espropriazione immobiliare va proposta l'impugnazione prevista dall'art. 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (e succ. mod. e integr.); e, a seguito dell'univoca pronuncia della Corte costituzionale sopra richiamata, tale impugnazione va proposta entro il termine perentorio di trenta giorni.

Fonte: http://www.avvocatoamilcaremancusi.com
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