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Contestazione disciplinare e diritto di difesaMartedì 28/02/2017
a cura di Studio Dott.ssa Giorgia Signaroldi
Legge 20 maggio 1970, n.300.
L'articolazione dell'art. 7 della legge n. 300/1970, a fronte di un comportamento del lavoratore non conforme alle regole e ai regolamenti aziendali, impone al datore di lavoro l'onere di contestare, preventivamente e per iscritto, a pena di nullità, l'addebito disciplinare, tranne il caso del rimprovero verbale, e di sentire a difesa il lavoratore. La contestazione deve essere precisa, puntuale ed immodificabile sì da mettere il dipendente nelle condizioni di poter esercitare validamente il diritto a difesa. Il lavoratore deve essere messo nella condizione di sapere, concretamente, di cosa è incolpato in modo da potersi difendere adeguatamente. La immodificabilìtà della contestazione non esclude la possibilità che l'addebito venga chiarito ed integrato in un secondo momento; essa è, tuttavia, condizionata da due limiti: si deve restare nell'ambito del fatto già contestato e il chiarimento deve avvenire prima che il lavoratore abbia presentato le proprie giustificazioni. La formazione dell'addebito disciplinare e quella del contraddittorio devono rispettare alcuni principi:
L'azione disciplinare può essere, inoltre, conclusa da un soggetto distinto da quello che ha contestato la mancanza disciplinare. L'addebito di contestazione va comunicato al dipendente: esso ha natura ricettizia ed il decorso dei termini a difesa parte dal momento in cui la contestazione perviene nella sfera di disponibilità dell'interessato. Il rifiuto del lavoratore di ritirare la nota di contestazione è da ritenersi equivalente all'avvenuta comunicazione, se ciò è avvenuto in presenza di testimoni. Il lavoratore è libero di esercitare la propria difesa nella forma che ritiene più opportuna, potendo anche cambiare atteggiamento e modi di difesa nel corso del procedimento. La richiesta di audizione va formulata dall'interessato con una richiesta specifica che va intesa come una manifestazione di volontà. Tra le forme di difesa del dipendente rientra anche la c.d. "non difesa", ossia la non utilizzazione della facoltà di essere sentito a discolpa, senza che ciò possa costituire acquiescenza in ordine ai fatti contestati. La conseguenza di ciò è che, superato il termine dei cinque giorni per la presentazione delle giustificazioni e dopo che il datore di lavoro abbia adottato il provvedimento, il lavoratore può liberamente adire sia il giudice di merito che il collegio di conciliazione ed arbitrato. |
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